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Israele sta occupando Gaza? La storia del Gush Katif e del Disengagement Plan del 2005

  • Israel Unfolded
  • 27 dic 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 2 gen

Israele sta occupando Gaza?

Questa è una domanda (che alcune persone poco ferrate sulla storia di quest'area hanno trasformato in un'affermazione) che, nell’ultimo anno, ha generato molta confusione.


Sì, ci sono stati israeliani che hanno vissuto in quella che oggi è la Striscia di Gaza.

Ma nel 2005, furono espulsi da quella terra nell'ambito del Piano di Disimpegno promosso dall'ex Primo Ministro Ariel Sharon, con l'obiettivo di trovare pace ed equilibrio con i vicini.

Quindi no, attualmente non c’è un solo israeliano che viva a Gaza. Sì, Israele impone alcune regolamentazioni sulla Striscia, ma no, non la sta occupando.


L’area in cui vivevano gli israeliani all'interno della Striscia di Gaza è la cosiddetta Gush Katif,

che era molto più di un semplice gruppo di villaggi: era una testimonianza di innovazione e di un profondo legame con la terra.

Quando si pensa a quest’area oggi, spesso si vedono titoli pieni di conflitti. Ma per decenni, Gush Katif è stato un luogo dove gli israeliani hanno trasformato la sabbia in campi fertili, promuovendo l'agricoltura e il commercio internazionale.


Photo exhibition at the Gush Katif Museum, Jerusalem.

Esibizione fotografica al Museo del Gush Katif, Gerusalemme.


Trasformando la sabbia in vita

Immaginate di trovarvi su un tratto di terra arida, fatto solo di rocce e sabbia. Nei primi giorni di Gush Katif, questa era la realtà affrontata dagli israeliani che arrivarono con un sogno e la determinazione di far fiorire quel luogo. Contro ogni previsione, riuscirono a trasformare questa terra inospitale in uno dei poli agricoli più produttivi di Israele, creando un modello eccellente di successo agricolo:

  • 25.000 dunam di frutteti, ortaggi, patate e arachidi ricoprivano il paesaggio.

  • Oltre 3.500 dunam di serre che producevano fiori, ortaggi e verdure a foglia prive di insetti.

  • La regione contribuiva al 10% della produzione agricola totale di Israele.

  • Il 65% degli ortaggi biologici da serra destinati all’esportazione proveniva da Gush Katif.


Grazie a tecniche avanzate, sistemi di irrigazione innovativi e duro lavoro, ciò che sembrava impossibile si trasformò in un’oasi verde e prospera.


Una comunità radicata nel territorio

Gli abitanti di Gush Katif non erano semplicemente coloni: la presenza ebraica a Gaza risale al 1200 a.C., quando Giuda conquistò Gaza. Da allora, una serie di eventi portò a insediamenti e successive espulsioni di ebrei dalla terra, fino a quando Israele conquistò la Striscia di Gaza nel 1967, durante la Guerra dei Sei Giorni, segnando l'inizio di 38 anni di amministrazione israeliana.


Le famiglie costruirono qui le loro vite, crescendo figli che conoscevano il profumo della terra fresca e il ritmo delle stagioni agricole. Fondarono scuole, sinagoghe e quartieri dove la vita prosperava, nonostante le ombre del conflitto.


La vita a Gush Katif era vivace, ma sempre accompagnata da un senso di fragilità. Tra il 2002 e il 2005, oltre 5.500 colpi di mortaio e razzi Kassam furono lanciati contro questi villaggi. Nonostante la minaccia costante, la popolazione decise di rimanere.


Il Disengagement Plan: sogni spezzati

Il 17 agosto 2005, dopo anni di attacchi, il governo del Primo Ministro Ariel Sharon introdusse il Piano di Disimpegno, con l’obiettivo di ritirare gli israeliani da Gaza, lasciare il territorio all’Autorità Palestinese e trovare un equilibrio con la popolazione araba che viveva nell’area.

Nel corso di una settimana, circa 8.000 residenti furono costretti a evacuare le loro case, dando vita a momenti di profonda disperazione tra i cittadini che avevano investito anima e corpo nella creazione e prosperità di quell’area. Tutti si opposero fermamente agli sforzi dell’esercito per rimuoverli da Gush Katif, rifiutandosi di credere che stessero lasciando quel luogo per l’ultima volta.


Uno dei simboli più toccanti di questo addio forzato fu la Menorah di Netzarim. I residenti di Netzarim, portando sulle spalle la menorah della loro sinagoga, marciarono fino al Muro del Pianto a Gerusalemme. Accolti da migliaia di persone, l’immagine della menorah – che una volta illuminava una sinagoga a Gaza – divenne un simbolo di fede incrollabile."Quando abbiamo portato la menorah a Gerusalemme, volevamo dimostrare al mondo intero che la luce di Gush Katif non si era spenta."


Durante la sua inaugurazione, la menorah fu portata al Museo di Gush Katif a Gerusalemme, dove si trova tutt’oggi.


Campi ridotti in cenere

Nei giorni successivi, le sinagoghe e le serre lasciate indietro furono saccheggiate o distrutte. I frutteti che un tempo producevano raccolti rigogliosi furono ridotti a terreni sterili. Anni di innovazione, duro lavoro e prosperità furono cancellati in pochi giorni.L'evacuazione forzata di Gush Katif non riguardava solo l’abbandono delle case, ma l’estirpazione di vite e sogni. Si trattava di dire addio a un luogo dove sudore e lacrime avevano trasformato la sabbia in vita.


L'eredità del Gush Katif

Oggi, la storia di Gush Katif è un promemoria di ciò che si può ottenere con dedizione e resilienza. Il successo agricolo di Gush Katif vive nei ricordi di coloro che hanno lavorato quella terra e nell'eredità che portano avanti.

Ha dimostrato al mondo che, anche nei luoghi più improbabili, la vita può prosperare. E, anche quando quella vita viene portata via, i semi della resilienza restano.

 
 
 

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