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Romi, Emily e Doron sono tornate a casa 🎗️ Analisi dell’accordo sugli ostaggi

  • Israel Unfolded
  • 20 gen
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 27 gen

Ieri mattina, alle 11:15 ora israeliana, è entrato in vigore l’atteso accordo sugli ostaggi, accompagnato da un cessate il fuoco destinato a durare 42 giorni. I termini dell’accordo sono tanto sorprendenti quanto strazianti: 33 ostaggi israeliani saranno scambiati con 1.904 prigionieri palestinesi, inclusi terroristi che stanno scontando condanne all’ergastolo. Un numero che lascia la popolazione israeliana col fiato sospeso.


Ieri alle 16:00, le prime tre ostaggi sono tornate a casa: Romi Gonen, Doron Steinbrecher ed Emily Damari sono finalmente rientrate in Israele dopo 471 giorni di prigionia.


Crowd at the Tel Aviv Hostages Square waiting for the first 3 female hostages to be released.

Folla in attesa alla Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv per la liberazione delle prime 3 donne ostaggio.


Nelle prossime settimane, il calendario delle liberazioni si svilupperà con incrementi calcolati, dettati da una fredda logica transazionale: il settimo giorno dell’accordo vedrà la liberazione di 4 ostaggi, mentre il 14°, il 21°, il 28° e il 35° giorno ne saranno liberati 3. Nell’ultima settimana, verranno rilasciati 14 ostaggi, tra cui Hisham al-Sayed e Avera Mengistu.


Eppure, per ogni ostaggio restituito, un numero impressionante di prigionieri, inclusi terroristi condannati all’ergastolo, tornerà in libertà. Questa è l’aritmetica crudele della nostra realtà. Il tasso di scambio è agghiacciante, quantificando vite e sacrifici in termini brutali: 30 giovani o donne prigioniere per un ostaggio bambino, 30 prigionieri per un ostaggio anziano, e un numero impensabile di 1.000 detenuti per i corpi di ostaggi che forse non respireranno mai più.


L’accordo è iniziato con quasi 3 ore di ritardo, sottolineando la precarietà della situazione. Hamas non è riuscito a comunicare in tempo i nomi degli ostaggi, prolungando un processo già straziante.


Una pace fragile

Questo accordo non è privo di rischi profondi. I prigionieri rilasciati, molti dei quali torneranno a Gaza, in Cisgiordania o a Gerusalemme Est, rappresentano una minaccia rinnovata per le vite israeliane. La storia ci ha insegnato che il passaggio da prigioniero a terrorista attivo è allarmantemente breve. Il potenziale per futuri attacchi, per nuovi dolori, è enorme.


Altre concessioni aumentano il senso di inquietudine. Il ritiro dell’IDF dal perimetro di Gaza, la riapertura del valico di Rafah e la cessazione dell’attività di intelligence aerea per 10 ore al giorno offrono spazio a un avversario che ha ripetutamente dimostrato la volontà di sfruttare tali opportunità.


Scegliendo la vita

Nonostante l’angoscia e l’incertezza, questo accordo è radicato in un principio profondamente israeliano: la sacralità della vita. Ogni ostaggio rappresenta un mondo a sé, e il loro ritorno, per quanto oneroso, è una testimonianza dell’umanità collettiva di Israele.


Mentre affrontiamo le prossime settimane, facciamo spazio nei nostri cuori per le famiglie in attesa di notizie, per i soldati che continuano a difendere i nostri confini e per i fragili fili di speranza che ci uniscono.

 
 
 

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